Gli utenti di LinkedIn stanno progressivamente abbandonando le formalità professionali, trasformando la piattaforma in uno spazio per esprimere la propria umanità. Questo cambiamento, illustrato dal dibattito sul banner “#OpenToWork” e dall’esperienza di Courtney Summer Myers, dimostra come la vulnerabilità possa favorire connessioni significative.
Dalla formalità all’autenticità
Negli ultimi anni, LinkedIn ha iniziato a trasformarsi da una piattaforma esclusivamente professionale a uno spazio dove gli utenti possono esprimere la loro autenticità in modo più informale. Questo cambiamento riflette un’evoluzione culturale, dove i professionisti non si limitano più a presentarsi con il solo volto “corporate”, ma abbracciano anche la loro umanità e vulnerabilità, lasciando sempre più spazio alla vita privata.
Gli utenti, ora, sono più inclini a condividere esperienze personali e opinioni, contribuendo a creare un ambiente più genuino e relazionale. Questa tendenza sta dunque rendendo la comunicazione su LinkedIn più accessibile e meno rigida, aprendo le porte a contenuti che vanno oltre i tradizionali aggiornamenti di carriera e notizie aziendali.
Il caso di Courtney Summer Myers: ironia e viralità
Un esempio emblematico di questo cambiamento è il dibattito sull’utilizzo del banner fotografico “#OpenToWork” introdotto da LinkedIn nel 2020. Questo strumento, ideato per aumentare la visibilità dei candidati in cerca di lavoro, ha suscitato reazioni contrastanti nel tempo. Da una parte, soprattutto per chi si affaccia per la prima volta al mondo professionale, viene percepito come un’opportunità per farsi notare dai recruiter; dall’altra, alcuni lo considerano un segnale di “disperazione” lavorativa, temendo che possa trasmettere un’immagine di vulnerabilità o urgenza professionale non sempre vantaggiosa.
Di recente, il dibattito è stato riacceso da Courtney Summer Myers, una giovane designer britannica che, in modo provocatorio e originale, ha sostituito il banner “#OpenToWork” con la scritta “#Desperate” per riflettere ironicamente i suoi mesi di disoccupazione. Questo gesto, carico di frustrazione ma anche di umorismo, ha catturato l’attenzione di molti, riaprendo la discussione su quanto sia opportuno mostrarsi vulnerabili su LinkedIn. Il suo post, infatti, è diventato virale ottenendo 274.000 like e più di 6.800 commenti nella settimana successiva alla pubblicazione.
“Stavo solo dicendo la verità, per questo non mi sono sentita a disagio nel condividerlo”, ha raccontato aggiungendo che “È stato liberatorio essere autentica su una piattaforma dove spesso le persone si mettono in mostra senza motivo”.
Courtney ha raccontato di aver ricevuto 10.000 richieste di connessione, incluse alcune da parte di recruiter che le hanno fissato colloqui, oltre a offerte di lavoro come freelance da diverse aziende. La sua esperienza ha dunque dimostrato che l’autenticità può spesso risuonare più di un curriculum perfetto e una comunicazione professionale.
Essere autentici: la chiave per il successo social
I social media hanno subito una trasformazione profonda, spinta in gran parte dalla Generazione Z, che li utilizza in modo discreto ma efficace. Questo cambiamento rispecchia una crescente ricerca di autenticità e una predilezione per contenuti più immediati e genuini.
La storia di Courtney incarna perfettamente questo trend emergente: l’idea che mostrarsi autentici e vulnerabili possa, paradossalmente, far risaltare un profilo sulle piattaforme social.
Queste dinamiche sottolineano come anche il panorama di LinkedIn si stia evolvendo: non è più solo il curriculum impeccabile a fare la differenza, ma anche il coraggio di mostrarsi per ciò che si è, con trasparenza e un’ottima dose di creatività. Mentre il dibattito sull’opportunità di esporsi in modo così personale su una piattaforma professionale continua, sempre più utenti dimostrano che l’autenticità rappresenta una strada efficace per costruire connessioni significative e distinguersi.
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